Le oficalci: il “verde” come risorsa | Meridiani di Gianni Boschis | Geologia e turismo

Le oficalci: il “verde” come risorsa

Le oficalci sono rocce metamorfiche di origine oceanica dal caratteristico colore verde intenso e dalle venature biancastre. Più precisamente sono rocce che derivano dalla frammentazione di originali serpentiniti (frazione verde) legate insieme da un naturale cemento calcareo (vene biancastre). Il gradevole aspetto della roccia lavorata, la relativa scarsa resistenza al taglio ne hanno fatto, storicamente, una risorsa locale che ha fornito occupazione ai tanti scalpellini e cavatori della zona.

La cava Menconi non è l’unico sito estrattivo nel bacino della Valle di Susa in cui si cavava il “Marmo verde di Cesana”, ma l’estensione dei fronti di cava, la reperibilità in loco di attrezzi e materiali originali e i bei scorci panoramici, ne fanno una gradevole e istruttiva meta dedicata a un antico mestiere ormai scomparso (quello dei cavatori e scalpellini) e alle oficalci: una risorsa del sottosuolo e una pregiata pietra ornamentale. I primi giacimenti di questo materiale furono scoperti alla fine del XIX secolo dal Cav. del Lav. Oreste Catella ed i siti in cui venne storicamente estratto il “Verde Alpi Cesana”, attualmente tutti abbandonati, furono quattro: – località Roche Noir, lungo il versante orientale dei Monti della Luna, in sinistra orografica del torrente Ripa; – località Livernea, lungo le pendici settentrionali di P.ta Rascià; – presso l’attuale palestra di roccia, ubicata alcune centinaia di metri a sud dell’abitato di Cesana, lungo la strada che conduce verso Busson; – alle pendici del versante occidentale del Monte Cruzeau, lungo la S.S. 23 del Colle di Sestriere. Percorso Partendo da Cesana raggiungere Bousson, e al bivio per il Lago Nero girare a destra. Soffermarsi per qualche minuto nella parte alta di Bousson, dove tra le abitazioni rurali si nascondono i resti della “Casa delle Lapidi”. Proseguire quindi in direzione del Lago Nero sulla strada asfaltata.

Giunti ad un bivio, dove è allestita una cartellonistica con numerosi suggerimenti per altre escursioni nei dintorni, deviare a destra. Percorse poche decine di metri si giunge in uno slargo dove alloggiano vecchi edifici militari riadattati in ricovero e posto tappa. Dalla casa alpina si gode un ottimo panorama su Bousson e sulla cima dello Chaberton, che fa capolino tra il verde degli alberi. Proseguire sulla strada sterrata che, dopo aver affrontato un’ampia curva, “riposa” su un pianoro verdeggiante da cui è possibile intravedere, in direzione ovest, uno dei siti estrattivi della Cava Menconi, sul fianco della montagna. Dopo un lungo tratto a pendenza costante, costeggiando sul fianco sinistro l’incisione del Rio Serviettes, si giunge in prossimità di un bivio, qui svoltare a destra in direzione Grange Chalpe. Il sito, una volta abitato, su cui sorgeva la borgata offre una comoda sosta e la possibilità di godere di un’ampia panoramica.

Il percorso prosegue su una comoda strada a bassa pendenza, a tratti in discesa, fino ad imbattersi in alcuni grossi blocchi squadrati di rocce verdi dalle venature biancastre. E’ l’indizio che si è giunti in uno dei siti estrattivi storici del “Marmo verde di Cesana”, attività ormai conclusa da anni, ma di cui restano evidenti tracce. La cava Menconi ne è un esempio. Il percorso si snoda ripido con stretti tornanti lungo tutti quelli che erano i siti estrattivi della cava. Sulla destra del sentiero, un edificio fatiscente in legno e lamiera, che una volta doveva fungere da capanno degli attrezzi e magazzino per i cavatori, segna il termine della zona di estrazione della Cava Menconi. Da qui a breve il sentiero diventa meno ripido, lambisce il bordo settentrionale di un pianoro e si immette nella strada sterrata percorsa all’andata.

L'ingresso della cava Menconi

L’ingresso della cava Menconi

 

La cava Menconi

La cava Menconi

Descrizione geologica.

Il primo stop (A) è in Bousson alta, alla “casa delle lapidi”. L’edificio si trova pressappoco al centro dell’abitato. Purtroppo le condizioni generali della costruzione non sono buone, anche se sono state prese alcune misure precauzionali a garantire una prima opera di salvaguardia. La “casa delle lapidi” deve il suo nome alla presenza, sulle mura perimetrali, di numerose lastre lapidee che riportano motti e incisioni di varia natura. Il significato della presenza di un simile particolarità non è del tutto chiaro. Alcuni ritenevano che fosse il luogo di residenza di eretici (data la natura mistico-religiosa dei messaggi scolpiti nella roccia), più semplicemente sembra poter essere stata l’abitazione di uno scalpellino piuttosto eccentrico, che ha addobbato così l’esterno della propria abitazione, conferendole un aspetto alquanto singolare.

La roccia su cui sono scolpite le “lapidi” è il calcescisto, roccia frequente nell’alta Valle di Susa, le cui caratteristiche di scalfibilità permettono all’incisore di lavorare la pietra con facilità. Purtroppo il calcescisto non è tra le rocce più resistenti in natura, e così il passare del tempo, e la continua esposizione agli agenti atmosferici, hanno confuso le scritte e gli eleganti motivi ornamentali scolpiti. Rimane però, nonostante la passata incuria, un edificio suggestivo, un bene comunitario che merita attenzione e una giusta valorizzazione.

Particolare della “Casa delle lapidi”

In questo “percorso della memoria” Il secondo stop (B) è in località Grange Chalp. Le tracce dei muri perimetrali delle residenze rurali sono la testimonianza che resta del vecchio nucleo abitativo, abbandonato da anni. Giunti alla borgata, un grosso blocco di roccia verde di oficalci, “accompagna” il visitatore alla visione panoramica che da lì si può godere.

La cava Menconi è il luogo indicato per il terzo stop (C). I siti estrattivi sono più di uno ed è possibile visionarli tutti percorrendo il comodo sentiero, avvicinandosi alle pareti con attenzione e cautela. Il sito può essere considerato un esempio di archeologia industriale. Numerose sono, infatti, le pulegge, i volani, i puntelli lignei, i carrelli, le funi metalliche e i blocchi tagliati; in breve tutti quegli strumenti e macchinari originali abbandonati in situ all’epoca della chiusura dell’attività. La cavatura del “Marmo verde di Cesana” ha “scolpito” nelle rocce degli ambienti molto suggestivi, fatti di cavità sorrette da pilastri e volte naturali, ma creati dalla mano dell’uomo allo scopo di sfruttare le vene più in profondità. Una nota curiosa per chi si trovasse a percorrere l’alta Valle di Thuras (itinerario di thuras): nel letto del torrente (oltre quota 1.700) alcuni massi ciclopici presentano evidenti segni di lavorazione nelle superfici squadrate. Possiamo azzardare la seguente riflessione. La caduta improvvisa da pareti rocciose per crollo nel torrente, è stata, indubbiamente, un fattore di rischio ambientale. D’altra parte però, la presenza di un blocco di varie tonnellate di “Marmo verde di Cesana” nel greto di un torrente, già staccato dalla parete e facilmente raggiungibile è stato, senza dubbio, una “fortuna” per chi, quella stessa roccia, era abituato a strapparla con fatica dalla parete. Processi ambientali: un rischio e una risorsa.

Argano per il trasporto dei blocchi e materiali

Sito di estrazione della Cava

 

 

Dove

Cesana (Torino)

Dislivello

350m

Grado di difficoltà

Facile

Tempo di percorrenza

2 ore

Periodo consigliato

luglio-settembre

Progetto

Prodotti correlati