La tettonica a zolle
Per spiegare la dinamica e l’evoluzione dell’aspetto della crosta terrestre è stata definita un teoria chiamata “Tettonica a Placche” Secondo questa teoria, lo strato più superficiale della Terra, la litosfera, è suddiviso in placche che si muovono le une rispetto alle altre. Per placca deve intendersi una grande lastra di roccia solida. La maggior parte dell’attività sismica, del vulcanesimo e delle deformazioni della crosta sono concentrate ai confini delle placche dove troviamo regimi tettonici differenti.
Con il termine orogenesi si identifica un complesso insieme di fenomeni (sedimentari, magmatici, metamorfici e deformativi), che danno luogo alla formazione delle montagne.
Nel caso della convergenza fra due placche continentali, l’orogenesi è causata dallo scontro diretto o collisione (nel caso dello scontro fra la placca indiana e quella asiatica, ad esempio, questo fenomeno ha fatto sorgere l’Himalaia).
Litosfera: strato rigido composto dalla crosta continentale ed oceanica, associata alla porzione più superficiale del mantello (spessore medio pari a 100 km).
Astenosfera: porzione fluida di mantello su cui “galleggia” la litosfera (si estende da circa 100 a 700 km di profondità, sino al nucleo).
La storia completa di una catena montuosa come le Alpi è il risultato di due fenomeni, l’allontanamento prima e l’avvicinamento poi di due continenti (o meglio placche): l’Europa e l’Africa.
La nascita delle Alpi
La placca africana allontanandosi dalla placca europea, permise la nascita e lo sviluppo dell’Oceano ligure-piemontese. Il successivo avvicinamento delle due placche portò ad una progressiva e completa scomparsa dell’Oceano e alla collisione dei due continenti, Europa a Nord ed Africa a Sud.
Le rocce che si trovavano nella zona di contatto tra un continente e l’altro furono sottoposte a temperature e pressioni enormi, generando nuove rocce (metamorfismo), creando pieghe e infine sollevando la catena alpina.
Queste deformazioni sono responsabili delle pieghe e delle faglie che si osservano nelle montagne (ad esempio allo Chaberton) e dello spostamento delle rocce dalle posizioni originarie anche per decine di chilometri in senso verticale e centinaia in senso orizzontale.
Nelle Alpi, le enormi pressioni generate dallo scontro fra le antiche placche continentali dell’Europa e dell’Africa hanno fra l’altro comportato il sollevamento di rocce molto profonde come quelle del mantello (affioranti in Val di Susa al Musinè) o della crosta oceanica (Cime dell’Orsiera-Rocciavrè e Monti della Luna). Inoltre le rocce hanno subito un metamorfismo anche molto intenso in funzione di temperatura e pressione.
Questa è una delle ragioni per cui, soprattutto nelle rocce delle Alpi occidentali, le rocce difficilmente hanno conservato tracce degli ambienti di origine, come ad esempio quelli marini: i fossili sono in effetti assai rari.
Così oggi nella catena alpina si possono trovare a stretto contatto rocce profondamente diverse, originatesi in ambienti talora molto distanti fra loro. Un esempio è quello dei basalti provenienti dai fondali oceanici che proprio nei rilievi alpini della Val di Susa troviamo a contatto con gli gneiss, rocce metamorfiche di antica provenienza continentale.
Le pieghe
Nella profondità della crosta terrestre, durante la formazione della catena alpina, per effetto delle enormi forze in gioco, della temperatura elevata (varie centinaia di gradi) e del lungo tempo trascorso (milioni di anni) le rocce, anche le più dure, possono comportarsi come materiali “duttili” ed essere piegate in modi diversi.
Le faglie
Nella crosta meno profonda le condizioni di pressione e temperatura non sono sufficienti a garantire il comportamento “duttile”. Le rocce si spezzano: si originano “le faglie”, enormi fratture lungo le quali si hanno movimenti relativi di tipo diverso.
Esperienza pratica
Obiettivo di questa esperienza è simulare la dinamica della formazione delle montagne. In particolare evidenzieremo il fenomeno del corrugamento della crosta terrestre quando due placche tettoniche vengono in contatto.
Cosa serve
• Plastilina (di colori diversi)
• Due blocchetti di legno
Stendiamo la plastilina in strisce di 5 cm di larghezza, circa 0.5 cm di spessore e 15 cm di lunghezza. Sovrapponiamo 3 – 4 strati di colori diversi ( o alternati) in modo da formare un “sandwich”. Poggiandoci su una superficie liscia mettiamo all’estremità del nostro multistrato i due blocchetti di legno. Possiamo adesso comprimere il multistrato molto lentamente. Man mano che la compressione aumenta la plastilina si deformerà proprio come farebbero gli strati della crosta terrestre sottoposti alle pressioni di due zolle tettoniche in collisione. Potremo riconoscere la formazione di pieghe, faglie, metamorfismo (dove i colori si fonderanno e mischieranno), il tutto in miniatura.
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