Ghiacciaio del Miage, Val Veny
La Val Veny (Courmayeur, Massiccio del Monte Bianco) costituisce un’area di straordinario valore naturalistico e paesaggistico, richiamo per migliaia di turisti l’anno anche per l’ampia rete di sentieri e di vie alpinistiche. Una gran parte di questo richiamo è rappresentato dai ghiacciai, fra i quali spiccano quelli della Brenva e del Miage, quest’ultimo il terzo più esteso ghiacciaio italiano. I fenomeni glaciali ed idrogeologici hanno modellato il territorio in un articolato susseguirsi di forme (colline moreniche, rocce e pareti levigate, conoidi, conche lacustri, accumuli di frana, ecc.) che presentano una valenza didattica, oltreché turistica. L’interesse educativo è rafforzato dalla possibilità di avvicinare in tutta sicurezza il Ghiacciaio del Miage e dall’opportunità di approfondire direttamente sul campo le relazioni tra criosfera e cambiamenti climatici in ambito alpino.
I ghiacciai alpini soffrono gli effetti dei cambiamenti climatici: sul solo versante italiano della catena, la fusione si è portata via il 30% della superficie glaciale negli ultimi 50 anni. Nello stesso arco di tempo, in Valle d’Aosta la superficie glaciale persa è stata del 26%. Il Massiccio del Monte Bianco ha contenuto tale perdita nella misura dell’11% principalmente grazie all’altitudine delle sue vette: la linea spartiacque non si abbassa mai al di sotto dei 3300 m di altitudine.
La Val Veny, sul versante Sud del massiccio, costituisce uno spettacolare esempio di tale glacialismo con 13 ghiacciai di cui 10 di tipo montano (tra cui la Brenva) ed uno vallivo, il Miage, il maggiore del versante italiano del Monte Bianco ed il terzo per estensione in Italia. I lineamenti geomorfologici dell’area ben rispecchiano l’azione esercitata dai ghiacciai soprattutto nel Pleistocene, pur se non mancano evidenze di fasi di avanzamento sino alla Piccola Età Glaciale (dal XIII sec. sino metà del XIX sec.). L’articolato sovrapporsi nello spazio e nel tempo delle forme dovute al ghiaccio (fronti e lingue glaciali, seraccate, colline moreniche, rocce e pareti montonate e levigate, massi erratici, conche lacustri e palustri…), insieme agli altri lineamenti idrogeologici e a quelli strutturali, ha dato luogo ad un paesaggio spettacolare, motivo di richiamo turistico e occasione di formazione scolastica e universitaria.
In particolare il Ghiacciaio del Miage, la cui fronte sfida gli effetti della zona di ablazione giungendo sino ai 1720 m di quota, costituisce un geomorfosito ricco di peculiarità morfologiche, tra le quali: una lingua glaciale trilobata che circonda un’area verde nota come “Giardino del Miage”, una successione di cordoni morenici tra cui la maestosa collina destra del ghiacciaio definita da Forbes (1843) “perhaps the most extraordinay in the whole Alps”, una serie di laghi in continua evoluzione. A ciò si aggiunge la particolarità che il Miage è il più esteso “ghiacciaio nero” (cioè debris-covered glacier) delle Alpi italiane. Facilmente accessibile da fine maggio a novembre grazie ad alcuni agevoli percorsi, l’Anfiteatro del Miage è stato la meta di un itinerario educativo, testato da 242 studenti di 2 scuole superiori della Provincia di Torino, nell’ambito di una tesi di dottorato in didattica delle Scienze della Terra. Il progetto, svolto con l’Università di Camerino (supervisione in ricerca didattica) e il contributo dell’Université Savoie-Mont Blanc e dell’Università di Siena (supervisione per la criosfera alpina e polare) ha messo a punto un educational set costituito da un incontro preparatorio in aula, un’escursione di studio in Val Veny ed un incontro conclusivo in aula di valutazione e discussione del lavoro svolto.
Il “percorso didattico” mira al coinvolgimento degli studenti nel ragionamento scientifico che deve portare ad una presa di coscienza delle relazioni tra i ghiacciai e il clima che cambia nell’ambito di un percorso articolato, geomorfologico ed ecologico. Dal punto di vista motivazionale, la metodologia adottata fa ricorso all’alternanza di diverse tecniche, fra le quali il blended learning e il metodo IBSE stimolando le abilità investigative dei ragazzi, cui è lasciato ampio spazio nell’uso della strumentazione (uso di smarphones con relative app, GPS, video-fotocamera, bussola, ecc.) al fine di documentare l’itinerario di studio in modo tecnologico, creativo e personale. L’itinerario si sviluppa tra le baite de La Visaille (1659 m) ed il Lago del Miage (2020 m) per circa 4 km e 392 m di dislivello lungo un tracciato facile, suddiviso a tappe, coincidenti con 7 punti di osservazione e investigazione di vari aspetti (litologici, geomorfologici, glaciologici), in modo da comporre un quadro ambientale quanto più completo. Per le sue valenze, ogni sosta (ad es. La Visaille, la morena destra del Miage, la frana nei gessi e nelle carniole, il piano del Combal, il Lago ed il Ghiacciaio del Miage; fig. 1) è corredata da una o più schede didattiche che indirizzano le osservazioni verso un ragionamento: tra questi, il riconoscimento di rocce e fattori geomorfologici locali, l’identificazione dei rischi naturali e dei fattori che influenzano i ghiacciai. Il compendio di tutte le informazioni raccolte è rappresentato da una carta geomorfologica redatta sulla base della cartografia geologica esistente, opportunamente semplificata e con una delimitazione delle varie formazioni (litologiche e morfologiche) già suggerita. Compito degli studenti è completarla sulla base delle interpretazioni desunte sul campo. La carta fa parte della documentazione conclusiva del modulo didattico, insieme alle schede elaborate ed alla restituzione multimediale dell’itinerario registrato con varie app e convertito sulla cartografia tridimensionale di Google Earth. Si tratta di materiali valorizzati nel corso dell’intervento conclusivo a scuola sulla base dei quali si apre un confronto costruttivo tra gli studenti, gli insegnanti che hanno contribuito a rendere interdisciplinare l’attività (materie interessate: Scienze della Terra, Geografia, Fisica, Informatica, Ecologia, Economia, ecc.) e l’esperto ricercatore che ha guidato l’educational set.
Tale confronto, incentrato sulle relazioni tra surriscaldamento globale e ghiacciai, non può essere esaustivo, ma per le conoscenze acquisite, va considerato un solido punto di partenza per ulteriori approfondimenti e attività.
In accordo con alcuni studi, l’uso delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) favorisce l’apprendimento di conoscenze disciplinari (afferenti soprattutto i programmi di Scienze della Terra e di Geografia), contribuendo a migliorare le abilità tecnologiche dei ragazzi e a “calarsi” da protagonisti nel metodo d’indagine scientifica. Inoltre, aver posto al centro dell’apprendimento il tema del paesaggio nelle sue diverse relazioni con l’acqua (e i ghiacci), il clima e l’uomo, stimola la visione olistica e interdisciplinare della realtà ed il senso di responsabilità verso questo patrimonio in accordo con la Convenzione Europea del Paesaggio. Ciò contribuisce ad acquisire una percezione concreta di alcuni aspetti (come i fattori fisico-climatici ed antropici) che influenzano l’ambiente e che, nell’ambito della lezione tradizionale, soffrono di una eccessiva astrazione. Questo processo cognitivo favorisce la consapevolezza del valore della geodiversità e dell’ambiente e della necessità della loro conservazione.
Le indicazioni emergenti dal questionario di valutazione proposto agli studenti e dalle interviste on-line agli insegnanti partecipanti confermano questa lettura come pure l’apprezzamento del metodo: in particolare l’attività di terreno, il coinvolgimento degli studenti nell’indagine, l’approccio interdisciplinare e la collaborazione tra insegnanti e ricercatore. L’esito dell’iniziativa suggerisce l’opportunità di proseguire nel processo di valorizzazione dell’tinerario del Miage come di altri percorsi di valenza scientifica e didattica in un’ottica geo-turistica ed educativa.